Sono a casa di una mia amica storica ed entra il suo figlio, bellissimo, ha 19 anni e lo conosco da quando ne ha 3, è studente e quindi senza un soldo, chiacchiera con noi e confessa con nonchalance che di recente ha rubato un dopobarba dal supermercato.
Io ci rimango malissimo (idem sua madre). E dico:- Ma COME? … Non puoi averlo fatto!
E subito lui si lancia in un discorso sull’etica (!), su come i supermercati sfruttino i loro lavoratori, etc … etc e comunque il costo del dopobarba era di 8 euro … :- Cosa vuoi che sia per queste grandi catene di supermercati (stronzi)?.
:- Ma a me non mi importa niente del supermercato! Esclamo io, Lo dico per TE!
Penso come posso spiegarglielo e mi lancio in un discorso karmico.
Gli dico:- Guarda che ogni volta che tu rubi qualcosa è come mettere un sasso nel tuo cuore e quel peso lo devi trascinare con te per tutta la vita!
Ammetto che la mia affermazione è stata un pò melodrammatica.
Lui mi guarda diritto, fisso negli occhi e dice:- Guarda Tess, ogni volta che PAGO per qualcosa, il fatto di pagare mi lascia un sasso nel cuore!
Fantastico.
Ecco, oggi voglio parlare del cuore e su come alleggerirlo.
Il cuore è un organo che ha delle cellule molto particolari e longeve. Io, alla mia età, ho il 50 percento delle cellule del cuore che sono con me dalla nascita, cellule che hanno ben 54 anni. Il cuore non è come lo scheletro che ha un turn-over cellulare completo circa ogni 7 anni. Il cuore no. Dal mondo cellulare possiamo dire che i cardiomyocites sono gli anziani, i nonni dalla situazione.
Chi ha dei familiari anziani in casa sa che non bisogna metterli sotto pressione, sono un po’ vulnerabili, vanno tutelati e alleggeriti. Credo che si debba fare lo stesso per il nostro cuore.
Ci sono due tipi di pressione che applichiamo a questo meraviglioso organo. Uno è quello un po’ stile milanese - di lavorare troppo, troppo velocemente e mentre facciamo altro… ma di questo ne parliamo un’altra volta. Quello di cui vorrei parlare ora è una pressione molto più sottile, interiore e, nel mio caso, costante. È una pressione reattiva che si scatena quando mi trovo davanti a Dvesha, che è un termine sanscrito che significa quello che non mi piace.*
Un esempio: entro in casa e trovo le scarpe delle figlie in mezzo al corridoio, subito sento il mio cuore come fosse strizzato stile spugna. Tengo questa pressione fino ad arrivare al divano dove vedo il cappotto della figlia lanciato sopra - e il mio organo cuore-spugna viene contratto ancora di più - (non è un caso che sentiamo questo… dopo tutto il cuore è un muscolo), vado verso il computer, e accanto la tastiera trovo la Coca Cola: sento ancora un’ulteriore fitta al cuore-spugna.
Come direbbe mia figlia:- Beh dai, non è mica morto nessuno! Non ci vuole un morto per appesantire il cuore. Bastano piccole cose che accadono e che accadono spesso. Nel mio caso… piccole cose che non mi piacciono e che succedono costantamente, managgia, e durante un solo arco di giornata … .
Qui ho una scelta: o chiedo alle mie figlie di andarsene da casa ma sotto sotto sono loro affezionata e in più mi fanno ridere ma anche, se dovessero lasciare il nido, succederebbero altre cose analoghe del tipo: il parcheggio che non c’è, il caricatore che non funziona, il rumore sotto casa, e poi l’eventuale elezione di Trump.
Alleggerire il cuore con la pretesa che tutto il mondo si comporti secondo i miei bisogni ed esigenze è pura follia, è una battaglia che sono destinata a perdere. Anche se qualche volta le cose vanno come vorrei, lo spreco energetico che vadano tutte come vorrei è immenso e il risultato: short-lived.
Invece di manipolare il mio contesto e chi mi sta intorno, posso lavorare direttamente con il mio cuore. Ogni volta che mi trovo davanti a Dvesha - l’avversione … noto la reattività del mio cuore e mi rilasso. Tiro giù le spalle. Respiro. Ogni espirazione lunga e calma è come offrire un po’ di spazio al nostro cuore, si apre, si ammorbidisce**. Facile da dire, difficile da mettere in pratica ma… ha un valore inestimabile.
Essere in grado di ammorbidire il cuore davanti a Dvesha è un super potere. Ogni volta che lo faccio divento più capace di stare al mondo. Immagino che l’arte di rilassare il cuore sia stato raffinato dai grandi risvegliati, nulla può disturbarli, sentono tutto eh, ma il loro cuore rimane leggero. E tutto diventa più giocoso.
Perché è una pratica così difficile? Perché richiede che ci stacchiamo dal lamento. E spesso non ne siamo disposti. Un esempio: vedo la Coca Cola accanto al computer e segue la reattività del cuore e subentrano subito le vritti (i movimenti della mente) del tipo:- Ecco, ho detto solo ieri alle ragazze di non lasciare cibo o bevande sulla scrivania e di nuovo l’hanno fatto, insomma cosa devo dire per farmi capire? Ma è possibile? Etc … etc … .
La mente (la citta) adora questo tipo di movimento, questo ragas. Ogni volta che la mente partecipa ad un dialogo/movimento si sente viva, realizzata, sicura. È la sua natura di muoversi e, data l’opportunità, scodinzola alla grande sia nel lamento sia nell’ ecstasy. Ma Ananda (felicità) che sta sotto tutto questo, va e viene. La felicità*** si trova sotto la mente parlante, sotto il dialogo. Ad esempio quando “cadiamo nel cuore”, quando rilassiamo il cuore, quando provo a sentire sia la presenza del cuore sia l’ambiente che mi circonda contemporaneamente (try it).
Ci piacerebbe una soluzione un po’ più … complessa per esempio un prodotto che possiamo comperare o pagare oppure un’altra persona che risolva il problema al posto nostro o persino un’operazione a cui sottoporci, una volta per tutte, per rilassare il cuore. Sono persino disposta a vivere nella negazione, cioè a credere che tutti debbano fare come voglio io per ammorbidire il cuore. Non ci piace la soluzione di abbassare le spalle e respirare perché richiede presenza e lucidità, richiede volontà e sforzo nel tempo. Ma o lo faccio o fallisco. Fallisco e continuo a manipolare le situazioni in modo che vada tutto liscio e questo significa rifiutare la realtà delle cose.
Per la vostra pratica di questa settimana = abbassiamo le spalle! Notiamo quante volte si presenta Dvesha e respiriamo. Quello strizzamento post avversione che sentiamo (scomodo e a volte quasi doloroso) non è qualcosa a cui dobbiamo sfuggire o fermarci, facendo fuori un pacchetto di biscotti, guardando porno, o facendo shopping medicinale, ma - come una spugna imbevuta di acqua sporca - questo strizzamento del cuore va accolto, visto come una parte necessaria al processo di purificazione. Quel strizzamento è una benedizione. Basta non evitare la fase successiva: riapertura e rilassamento. Respirare dentro quel dolore è il modo per farla defluire, lasciandoci più leggeri.
Una versione più distesa di questo post, sarà disponibile via podcast prossimamente.
Grazie a Simona Confalonieri per la suo aiuto con editing - e chiedo scusa a lei che aggiungo cose sempre al ultimo! :-D
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* o la reazione a quello che non ci piace
**questa è la sensazione, ovviamente!
*** Felicità…c’è seconda la filosofia dello Yoga, un’altro tipo di felicità che è legata alla materialità (i tre guna) e al movimento della mente e che può essere influenzato dal nostro contesto, dunque non è solo un lavoro interiore. Questo è quando ho Sattva predominante - triggered da un tramonto, un luogo sacro, un sorriso di un bambino, il sole sul viso, il silenzio mentre sono circondata dal bosco. You get the picture.
Evviva il bisogna degli altri!! Persino Patanjali lo dice :-) grazie Andrea per i tuoi commenti.
Grande Prof.! Per una volta, forse, V'ho superata.
Oso ricopiare qui le mie impressioni sull'ultima lezione ginevrina, di giovedì scorso:
"""Un cuore, un organo. Ecco: forse ho errato come sempre (era la mente l'oggetto della lezione).
Un cuore come un organo, uno strumento, musicale, a canne, a fiato e il fiato non era solo il mio ma il respiro delle mie compagne di corso ... fin ad arrivare a Claudia ... perché non è vero, perdonatemi maestra, ch'io possa bastare a me stesso ma è vero che, per esser completo o suppergiù, io abbisogno degli altri ... magari non è vero il contrario ma se faranno una ragione""".
Posso così considerarmi, per una volta, esentato dai compiti a casa?
Infine, se posso permettermi una lieve, spero, canzonatura: "if you steal / be Robin Hood" è un verso di una canzone degli anni '80 dello scorso secolo e, guardacaso, fa riferimento a un eroe della "mitologia" britannica e il rubare centra, eccome ma lo volge in positivo e il buon Robin, coi sui compagni e colle sue compagne d'avventure, lo immagino con un cuore privo di pesi opprimenti ...
Sempre devotamente grato,
servus vester